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Biografia

 

Mario Scaffidi Abbate è nato a Brescia il 18 gennaio 1926, dopo un parto irregolare e quanto mai drammatico: il corpo, infatti, si era presentato all’incontrario e alla fine non dava più segni di vita, né sarebbe sopravvissuto se la governante, che assisteva la levatrice, dopo averlo avvolto in una coperta e strofinato energicamente, non gli avesse infuso nei polmoni il suo stesso respiro.

Secondo di undici figli (il padre era ufficiale di carriera e soggetto a frequenti e continui trasferimenti), nell’arco di un ventennio ha attraversato in lungo e in largo la penisola risiedendo in una dozzina di città: Brescia, Napoli, Bologna, Roma, Castellammare di Stabia, Palermo, Firenze, Bologna, Orvieto, Vignola, Castiglione delle Stiviere, Cisano bergamasco, Reggio Calabria.

Il trauma della nascita e i continui trasferimenti hanno contribuito a generare in lui, fin da bambino, un senso di irrealtà o di straniamento, a cui non erano estranei certi fenomeni a cui andava soggetto di frequente, come la sinestesia, le allucinazioni, la percezione di odori non localizzabili, nonché fenomeni di apporto, come quando un mattino nello svegliarsi trovò sulla sedia posta accanto al suo letto un quadro di contenuto religioso che stava appeso a una parete dell’ingresso.

Fin dall’infanzia ha mostrato una particolare predisposizione per la musica, per la pittura e per la poesia: a cinque anni cominciò a suonare il violino, sostituito in seguito dal pianoforte, a dieci vinse il primo premio in un concorso con un acquerello raffigurante una dama e un cavaliere. Al periodo romano (1935-37) risalgono i suoi primi componimenti poetici, fra i quali uno per la proclamazione dell’Impero e uno indirizzato a Giuseppe Bottai in occasione della sua nomina a ministro dell’Educazione Nazionale. Nel settembre del 1937 a Castellammare di Stabia vinse il secondo premio nella gara di Tiro a segno nazionale, nel ’39, a Palermo, a conclusione dell’anno scolastico (frequentava il IV ginnasio) conseguì la medaglia d’argento per aver riportato la migliore votazione fra tutti gli alunni dell’istituto e a settembre per guadagnare un anno sostenne da privatista gli esami di ammissione al liceo.  

Nel settembre del 1943, subito dopo la liberazione di Mussolini, si arruolò volontario, insieme a due suoi fratelli, fra i militi della legione di Orvieto (comandata dal padre) e successivamente nei battaglioni M della Repubblica Sociale Italiana. A Vignola, dove nel frattempo la famiglia si era trasferita, trovandosi in borghese per una breve licenza, nel corso di un rastrellamento fu prelevato da una pattuglia tedesca e per quanto protestasse di essere già arruolato fu caricato sul camion e portato alla stazione di Modena per essere avviato al “servizio del lavoro” in Germania: lo salvò in extremis l’intervento del padre quando già stava per salire sul treno. Qualche tempo dopo, mentre si recava a Mirandola per sostenere gli esami di maturità, uscì miracolosamente illeso da un mitragliamento aereo: una donna fu falciata a pochi passi da lui. Tutto ciò l’Autore racconta nel suo romanzo autobiografico Avanti march!, da cui sono tratte queste notizie.

Conseguito il diploma, dopo un breve periodo di addestramento, prima ad Ospitaletto, poi a Rovato, frequentò il corso allievi ufficiali all’Accademia di Varese e ad ottobre fu destinato nella Valle dell’Ossola, dove i partigiani avevano costituito una loro repubblica. Ricoverato all’ospedale di Campo dei fiori per una grave forma di esaurimento nervoso, ottenuta una licenza di convalescenza, si recò presso suoi parenti a Cisano bergamasco, dove lo colse la “liberazione”, e dove lo raggiunsero i suoi familiari, protagonisti di una fuga rocambolesca da Castiglione delle Stiviere. Minacciata di morte dai vicini di casa (che ne avevano scoperto l’identità), la famiglia fuggì alla volta di Roma, mentre lui e gli altri due fratelli più grandi prendevano vie diverse. Da Roma i familiari proseguirono alla volta di Reggio Calabria, dove il padre, epurato, aveva ottenuto un posto di ragioniere in una ditta per il recupero di rottami e residuati bellici.

Dopo una serie di puntate nella capitale in cerca di lavoro (si manteneva vendendo libri e sigarette e passava le notti sulle panchine dei giardini pubblici o nella sala d’aspetto della stazione), venne assunto come istitutore al Convitto Nazionale di Reggio Calabria ed entrò in contatto con l’ambiente culturale del luogo, la F.I.L.I (Federazione Italiana Liberi Intellettuali) e la Li.As.Go. (Libera Associazione Goliardica), tenendo conferenze, dibattiti, letture di sue poesie e concerti al pianoforte (fra cui una sua sinfonia, “In morte di un poeta”, dedicata a un partigiano). Contemporaneamente esordiva nel giornalismo (scrivendo articoli per il Corriere di Calabria e il Giornale di Sicilia) e nella letteratura, pubblicando, nel 47, un saggio sopra un’ode di Orazio e il suo primo libro di versi, La Virtù, un poemetto che, come rilevò la critica, “accanto a una visione pessimistica che nasce come reazione ad un dolore vissuto e vivente… dimostra abbastanza bene una maturità compiuta, necessaria perché possa additare il giovane poeta al plauso delle menti più elette di Calabria e d’Italia”.

Debuttò inoltre come attore protagonista nella compagnia del teatro locale (La locandiera, La maestrina, Mezza dozzina di rose scarlatte), finché nel luglio del 1948 partecipò al Primo Festival Nazionale delle Filodrammatiche al teatro Rossini di Pesaro nelle vesti del conte Lamberti in Romanticismo di Gerolamo Rovetta.

Laureatosi in Lettere classiche, ottenne un incarico prima a Castiglione delle Stiviere, poi a Lovere, sul lago d’Iseo, e nel ’50 al Convitto Nazionale di Roma, quindi, passato di ruolo, la cattedra di Italiano e Latino al liceo Plinio Seniore, poi al liceo Castelnuovo (dove ebbe come preside Giovan Battista Salinari e fra i colleghi Enzo Siciliano e Alberto Asor Rosa). Di lì a poco ottenne il trasferimento al Convitto Nazionale di Roma.

Contemporaneamente svolgeva l’attività di giornalista e di scrittore. Ha collaborato per 23 anni a diversi programmi radiofonici della RAI, da quelli leggeri (Gli amici delle 12, Il Girasketch, Cronaca Minima) a quelli culturali della terza rete (Conversazioni, Piccola Enciclopedia Popolare, Libri ricevuti, Parliamo di libri), nonché alla “Radio per le Scuole” con sceneggiati originali di carattere storico (Le svolte della Storia, I grandi antagonisti, Al tempo di…, Cittadini si diventa) e linguistico, come La parola alla parola!, in cui – primo e unico nel mondo – ha dato voce alle parole stesse raccontandone la storia. Al tempo stesso andava scrivendo articoli illustrativi, sempre di carattere storico e linguistico, sulle riviste “La Radio per le Scuole” e “Sintonia”. Ha collaborato inoltre alla trasmissione di Giovanni Gigliozzi “Qui Radio due” con Parole alla sbarra, un processo a parole e locuzioni, sempre in veste di personaggi, quali Cioè, Contesto, Esatto, A monte, Al limite, A livello, Nella misura in cui e altre allora di moda. Dal 1979 al 1981 ha collaborato alla Terza Pagina del settimanale televisivo Trentaminuti giovani e successivamente, interrotta la collaborazione con la Rai (perché richiesto di iscriversi al partito socialista), ha lavorato per altre reti televisive, realizzando per la TEF di Perugia una serie di sketch sulle parole e Parola spia (alla scoperta di versi di nostri poeti) e partecipando ai dibattiti culturali di Teletevere e Televita.

Interessato di cose romane, ha collaborato al periodico della Newton Compton “Roma, ieri, oggi e domani”. Nel 1992 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Nazionale Excelsior e nel 1993 il Premio Nazionale Roma Alma Mater (per il suo contributo quale traduttore di testi latini). Nel 1994 è stato chiamato a far parte del “Comitato Ministeriale per la salvaguardia della lingua italiana” (insieme ad illustri studiosi fra cui Tullio De Mauro e Giovanni Nencioni).

Dal 2000 al 2008 ha diretto il periodico CULTURA (organo dell’Istituto Europeo per le Politiche Culturali, di cui è stato Vice presidente) e attualmente dirige il Conciliatore nuovo. Suoi articoli sono apparsi su diversi giornali, fra cui Telesera, il Tempo, il Secolo, il Giornale d’Italia, Umanesimo del lavoro, Voce romana. Sempre per la Newton Compton ha collaborato alla “Grande Enciclopedia di Roma” con la voce “Imperatori”. Numerosi i suoi interventi come conferenziere e relatore a manifestazioni e convegni culturali, anche alla Sapienza e alla Lateranense. E’ stato Vice presidente dell’Associazione Voce Romana e membro dell’Istituto di Studi Gentiliani. Ultimi riconoscimenti: il premio Alma Pales e il Premio Capitolino Excellence Award.

Accanto ad opere originali – La Virtù, Caos, La scuola di Babele, Italieide, Matureide, Il mitico numero 7, Il mondo dello yoga, Avanti march!, Elogio della saggezza, Elogio della follia, L’Italia dei Caffè (recensito con interviste su due reti della Rai e su Teletevere e di cui è andato in onda un breve sceneggiato su Rai 1) – ha pubblicato, con la Newton Compton, traduzioni di testi latini e greci: Tutte le opere di Orazio, l’Eneide, Le commedie di Terenzio (in versi), i Dialoghi di Seneca, Il fato e La superstizione di Plutarco e, ancora dello stesso autore, Consigli per i politici, L’arte di saper ascoltare, Alessandro e Cesare, Demostene e Cicerone, Pericle e Fabio Massimo, nonché l’Orator di Cicerone, le Metamorfosi di Ovidio (in versi) e i Pensieri di Marco Aurelio. Alcune di tali traduzioni sono state pubblicate da Mondolibri, Rizzoli e Bompiani (a cura di Giovanni Reale). Sono in corso di stampa Tutte le opere di Seneca e Iniziazione alla saggezza.

Lasciato l’insegnamento nel 1979 (usufruendo di una legge che concedeva uno scivolo di 7 anni a ex combattenti e orfani di guerra), ha lavorato anche per il teatro, traducendo, elaborando e mettendo in scena con Oreste Lionello  due commedie: le Nuvole di Aristofane (in cui ha anche debuttato nelle vesti dell’Autore) e l’Eunuco di Terenzio. Sempre con Oreste Lionello ha collaborato alla realizzazione di Oblomov (in cui ha impersonato l’omonimo personaggio). Ha sostenuto la parte del Narratore (con testi suoi originali di contenuto storico e letterario) nella parodia musicale Il Gobbo delle Nostre Dame e in 30 anni di clamorosi  successi (coi Pandemonium), coniugando, anche qui, il divertimento con la cultura.

Studioso della filosofia e della religione orientali, nel 1970 cominciò a praticare la meditazione trascendentale, o mantra yoga, del Maharishi, quale cura contro quella sensazione d’irrealtà o di straniamento che si portava dietro sin dall’infanzia, ma anche quale mezzo per un contatto intimo e diretto con Dio, il quale è sempre stato l’oggetto principale delle sue aspirazioni. Le esperienze della meditazione hanno dato una svolta decisiva alla sua vita, portandolo alla illuminazione, a sentire Dio nella pienezza del suo essere e della sua manifestazione, nonché al recupero del senso dell’unità con l’universo e con Dio. Da quelle esperienze sono nati il Mondo dello yoga e l’Elogio della saggezza, una saggezza che per Mario Scaffidi Abbate – questa è in sintesi la sua filosofia – nasce dalla scoperta che la vita è un gioco o un processo puramente dialettico, un espediente attraverso cui Dio esce, sia pure illusoriamente, da se stesso, collocandosi fuori da quella legge di necessità in cui si trova nella sua dimensione assoluta. La scoperta di quell’espediente, di quel ‘trucco’, porta il saggio a identificarsi con Dio e ad assecondarlo (in ciò consiste la libertà dell’uomo), sicché egli, “pur agendo, non agisce, ma contempla con distacco, non senza un certo divertimento, l’affaccendarsi degli uomini che vanno di qua e di là come delle pedine sopra una scacchiera, ignare d’ogni mossa, nonché del gioco stesso e della loro stessa inconsistenza”.

                                                                                            Paola Zanoni