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Archivio del mese di Febbraio, 2013

Elezioni politiche 2013 – Cronache elettorali in versi

Cronache elettorali in versi

(Elezioni politiche 2013)

Mario Scaffidi Abbate

 

Arlecchinate

 

Quando vedo le liste dei partiti

su cui poggia l’italico destino,

dai Monti, ai Grilli, ai Grulli, ai Rattrappiti,

penso alla nota veste di Arlecchino

 

dai colori vivaci ed assortiti.

E’ questa la ragione del declino

del Bel Paese: sono le sue liti

a rendergli difficile il cammino.

 

Ci mancano buon senso e disciplina:

da noi soltanto scontri e divisioni;

come dice la massima latina,

 

‘tante le teste, tante le opinioni’.

O la finiamo con questa manfrina

o perderemo sempre alle elezioni.

Il più pazzo spettacolo del mondo

 

Questa strana campagna elettorale

è il più pazzo spettacolo del mondo,

un carosello, un circo demenziale,

un confuso e grottesco girotondo.

 

Vi spiccano un barbuto liberale

che pare un clown, un grillo furibondo,

un pm che sembra un manovale.

Stavolta proprio abbiam toccato il fondo.

 

In questo caos s’intrufola Sanremo,

il festival, con Fazio e Littizzetto

dal linguaggio scurrile e un po’ blasfemo.

 

Fra un insulto, uno sketch e un motivetto,

faranno a gara a chi di più sia scemo.

Vedremo poi quale sarà l’effetto.

 

La discesa del Professore

 

Supermario, che pena, che squallore

i tuoi comizi, altro che sobrietà!

Dov’è finito, dimmi, quel signore

che troneggiava all’università?

 

Quando vai scaricando il tuo rancore

sull’avversario, che ti batterà,

se già ci sformi come professore,

come primo ministro fai pietà.

 

Pensavi di salire al Quirinale,

per senno, stile ed imparzialità,

ma vai scendendo sempre più le scale,

 

per tracotanza e per faziosità.

Come carriera non c’è niente male.

Vedremo presto come finirà.

 

Avanti indré

che bel divertimento

 

Adesso ti rimangi il redditometro

dopo averlo voluto. Hai rinnegato

pure l’Imu: non fai manco un chilometro

che ti penti. Qual è il tuo vero stato?

 

Sei savio o matto? Certo il tuo termometro

sale e scende impazzito. Dov’è andato

il professore sobrio? Il potenziometro

che prima regolava il tuo dettato?

 

Ma dimmi un po’: come ti si può credere

quando dici e disdici ogni tua mossa?

Se così fai, che cosa vuoi presiedere?

 

Sali a Berlino e poi scendi a Canossa.

Questo, mio caro, non è un bel procedere:

è ben altro che andare alla riscossa!

 

Bersani chiede aiuto

ai Tedeschi

 

Non c’è speranza, ormai, purtroppo è vero.

Per risolvere i nostri eterni guai

dobbiamo far ricorso allo straniero:

da soli non ci riusciremo mai.

 

Che ci odiamo fra noi non è un mistero.

Al governo qualunque cosa fai

non è che un tappabuchi passeggero:

gira e rigira siam sempre nei guai.

 

Che si chiami D’Angiò, di Valuà,

siano tedeschi, russi o americani,

Obama o Merkel, sempre ci sarà

 

chi bene o male salvi gl’Italiani.

Finché fra noi ci si combatterà

il Bel Paese non avrà un domani.

 

Bla bla bla

 

Nel mondo non ci sono più certezze,

dilaga la più sconcia libertà,

ogni sorta si fa di nefandezze,

la Giustizia a ramengo se ne va.

 

Fra cose serie, frizzi e lepidezze

si parla e sparla, è tutto un bla bla bla

privo di senso. Fra tante stranezze

non si sa più dov’è la verità.

 

Per anni han calunniato Berlusconi,

inventandosi crimini e processi,

ora incensano Monti, e con che toni,

 

affibbiandogli meriti e successi.

A sproloquiare tutti sono buoni.

Gl’Italiani, però, non sono fessi.

 

Scendono in campo anche i cani

                     veri

 

Che i politici fossero dei cani

questo lo si sapeva, ma che adesso

scendano in campo pure i veri cani

in Italia non era mai successo.

 

Dopo Berlusca e Monti, ora Bersani,

Casini e Fini, con minor successo,

seguiranno l’esempio. Gl’Italiani,

come al tempo del Duce (è un bel progresso!),

 

grideranno entusiastici: “Alalà!”,

visto che il cane – questo è il gran messaggio –

è segno di amicizia e fedeltà.

 

Adesso andranno tutti all’arrembaggio:

è questa la miglior pubblicità.

I risultati al prossimo sondaggio.

 

    “Io ci sto”

 

O sedicente partigiano Ingroia,

“Io ci sto”, dici tu. No, non ci stai,

non ci stai con la testa: è paranoia

questa smania politica che hai.

 

Tu vorresti imboccar la scorciatoia

per creare al Paese nuovi guai?

La tua presenza ci è venuta a noia.

No, questa volta non la spunterai.

 

Ma poi così barbuto e trasandato,

stridulo e incauto come una cicala,

più che un serio e distinto magistrato

 

mi sembri un esponente della mala.

Pure scorretto è spesso il tuo dettato.

Perché non te ne torni in Guatemala?

 

 Rivoluzione civile

 

Sei entrato in politica per fare,

così tu dici, la rivoluzione,

quindi ti sei lasciato trascinare

dalla filosofia d’una fazione.

 

Quale imparzialità può mai sperare

da questa tua bravata la nazione?

E poi, dopo aver mosso monti e mare,

dici pure di avere l’intenzione

 

di ritornare a fare il magistrato.

Ma con che faccia e senso di giustizia

tratterai nei processi l’imputato?

 

La tua faziosa e subdola milizia

in un partito renderà viziato

il tuo verdetto, e questa è un’ingiustizia.

 

 

Sic transit gloria mundi

 

Tecnico super partes, Mario Monti,

la tua ‘salita’ in campo è un tradimento,

e sarà vana, dura e senza sconti.

Avessi almeno il cinquanta per cento

 

sarebbe dignitosa, in fin dei conti,

ma così, che figura, che sgomento!

Ti aspettano indicibili tramonti.

Voti e speranze, ahimè, cadranno al vento.

 

Ma quand’anche vincessi la partita,

mescolando a tuo pro tutte le carte,

ugualmente per te sarà finita.

 

Come governerai? Con quale arte?

La tua velleità sarà punita:

tu perderai e l’una e l’altra parte.

 

Monti kaputt

 

Mai più. Siccome al termine

del suo rapace giro,

sazio di sangue pubblico,

si stette il Gran Vampiro,

così, stremata, esausta

l’Italia al bivio sta,

 

pensando ancora all’ultima

stangata di Natale,

né sa se un altro simile

governo elettorale

l’orme di quello tecnico

a ricalcar verrà.

 

Lui, governante insolito,

vide il popolo e tacque.

Quando, con vece impropria,

fece quel che gli piacque

alle voci benevole

la sua non mescolò.

 

Scevro di falsi applausi

e di servile omaggio,

s’indigna ora all’annuncio

di un suo secondo ingaggio

e gli sciorina un cantico

che uguale non avrà.

 

Dai tagli all’Imu ignobile,

dalla benzina al treno,

di quel figuro il gettito

faceva sempre il pieno.

Tassò da Scilla al Brennero

senza alcuna pietà.

 

Fu vera boria? Ai postumi

l’ardua sentenza, a cui

non sfuggirà quel massimo

fautor che volle in lui

del suo potere incauto

sì guasta orma stampar.

 

La dispettosa e perfida

foia di un caporale

che spreme e tassa il popolo,

pensando al Quirinale,

per guadagnarsi un premio

ch’è una follia sperar,

 

tutto provò: la smania

maggior dopo il salasso,

la briga e l’oratoria,

il furto con lo scasso.

Più volte alla fiducia

per poco non cascò.

 

Si presentò. Due nuclei,

l’un contro l’altro armato,

congiunti a lui si volsero

come aspettando il fato:

Lui tacque e come un arbitro

si pose in mezzo a lor.

 

E governò, vessandoci

e cavalcando l’onda

di una crisi opinabile

con mossa invereconda,

risparmiando i notabili

e quelli che han di più.

 

Poi, come sul fedifrago

l’onta si avvolge e pesa,

l’onta che quell’improvvido,

parlando in sua difesa,

invano discolpandosi,

cerca di allontanar,

 

tal sul Vampiro il cumulo

dei suoi misfatti scese

e ogni volta che in pubblico

a mostrarsi intraprese

lo si vide sul monitor

giostrarsi ed annaspar.

Oh quante volte al pallido

morir di un giorno incerto,

da una fiducia stitica

ormai non più coperto,

stette aspettando trepido

il verdetto fatal!

 

E ripensò le nobili

aule della Bocconi,

il coro dei discepoli,

le sue dotte lezioni,

il meritato gaudio

del grande professor.

 

Di fronte a tanto strazio

il cuor si esaurì,

e disperò; ma provvido

arrivò l’Udc

e lui nella politica

bieco e sinistro entrò.

 

E s’avviò per l’equivoca

campagna elettorale,

con un consenso esiguo,

talché sarà fatale

ch’egli perda la premiership

e non risorga più.

 

Brutta, immorale, ignobile

fine di un imprudente:

volle della Repubblica

essere il presidente,

ma nessun onorevole

ora lo voterà.