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Addio Monti

Addio, Monti

Addio, Monti, sorgente dall’acque
burrascose dell’italo suolo!
Quando prender lo scettro ti piacque
del Paese non eri tu solo:
fiduciosi ti accolsero tutti,
Pidielle, Casini, Pidì.

Ora, invece, si vedono i frutti:
non si può governare così.

Quanto estroso e cordiale appariva
Berlusconi, galante e cortese,
tanto sobria, impeccabile e schiva
la tua faccia sembrava al Paese.

“Questo è l’uomo mandato dal cielo!”,
cominciarono tutti a cantar.
“Viva Mario! Da tanto sfacelo
solo lui ci poteva salvar!”.

Mai si vide una luna di miele
così dolce in nessuna nazione.
“Erigiamo al Gran Mario una stele,
gli si dia la beatificazione!”.

Ti montasti la testa, sicuro
d’esser l’uomo più adatto alla crisi.
Ora ancora più fosco è il futuro
e noi siamo scornati e derisi.

Con il plauso dell’opposizione
sei salito al potere, benché
quella lì non avesse ragione
di votare convinta per te.

Le bastava far fuori il tiranno:
governassero esperti o babbei,
ne venisse al Paese un malanno,
non aveva importanza per lei.

Super Mario, acclamato dai media,
come mai prima d’ora nessuno,
dalla tua carismatica sedia
messo hai tutto il Paese a digiuno.

Era questa la nuova ricetta
per sanare il Bilancio Statale:
ci voleva davvero una stretta
alla cinghia. Che mente geniale!

Dei tuoi quattro obiettivi, rigore,
incremento, sviluppo, equità,
non si sente nemmeno l’odore:
solo il primo sul collo ci sta.

Il bel sogno è finito: la borsa
in discesa, lo spread in aumento,
gli esodati… Che botta, che morsa,
che follia, che morìa, che sgomento!

La benzina, le accise, gli aut aut
dei partiti: vai sempre più giù,
hai finito di fare il boy scout,
caro Monti, hai fallito anche tu.

E con te tutti quanti i ministri
del governo da te presieduto,
che con mezzi anche più che sinistri
fanno il popolo fesso e cornuto.

Così passano, passano i giorni:
nell’agenda di questo governo
non c’è un solo progetto che torni,
e la vita s’è fatta un inferno.

O speranze, o promesse tradite,
annunciate con tanto fracasso,
belli miei, dove sono finite?

Siamo ormai giunti quasi al collasso.

Qui non c’entra Pidielle o Pidì:
è il sistema che qui non funziona:
troppi se, troppi ma, troppi ni,
si discute ma non si ragiona.

Ogni volta che salta un governo
e si nomina un nuovo padrone
gridan tutti: “Ecco l’uomo moderno,
che felice farà la nazione!”.

Di lì a poco si vede l’effetto.

Ve lo dico sincero sincero:
può venire qualunque capetto,
un governo val l’altro, uno zero.

I partiti son fradici, ormai,
ammuffita è la Costituzione,
cambia il mondo, l’Italia è un bonsai,
non matura, non c’è religione.

Forse ciò che in quest’ora più preme
è una grande e totale protesta
e se noi la si fa tutti insieme
veramente l’Italia s’è desta.

Su, coraggio, chi ha lingua l’affili,
chi un sopruso patì lo ricordi,
noi non siamo né servi né vili:
vada via questo branco d’ingordi!

Oh, giornate del nostro riscatto!

Dal governo levate la tenda,
miei signori, è finito il ricatto:
che l’Italia il suo posto riprenda.

O, risorta davvero, sarà
nel consiglio d’Europa stimata,
o da Francia e Germania vedrà
la sua fama ancor più declassata.

22.4.2012

 

 

 

Parafrasi del brano manzoniano

 

“ADDIO, MONTI”

 

Addio Monti, sorgente dall’acque torbide della politica e sollevato al cielo; premier inuguale, noto a chi ha governato con lui, e impresso nella sua mente non meno che l’aspetto dei suoi familiari; applausi dei quali distinse lo scroscio come il suono delle voci domestiche; deputati dispersi e boccheggianti sui pendii come branchi di pecore pascenti, addio! Quanto è tristo il passo di chi, vissuto nel Palazzo, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che v’era entrato volontariamente, tratto dalla speranza di farvi la sua fortuna, si disabbelliscono in quel momento i sogni di ricchezza e di gloria; egli si meraviglia d’essersi potuto risolvere ad accettare, e avrebbe da tempo fatto un passo indietro se non avesse pensato che un giorno sarebbe tornato al suo paese ancora più dovizioso. Quanto più procede il suo piano, tanto più il suo occhio si ritira disgustato e stanco, l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e scontento in quel palazzo tumultuoso: i partiti contro i partiti, le strade senza un’uscita, pare che gli levino il respiro, e davanti ai giudizi dello straniero pensa con desiderio inquieto alla nuova villa del suo paese a cui ha già messo gli occhi addosso e che comprerà tornando ancora più ricco alla sua Bocconi. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quella neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti nel Palazzo tutti i disegni dell’avvenire e n’è sbalzato lontano da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle sue nuove abitudini e disturbato nelle più care speranze, lascia quel luogo per tornare ad essere quell’anonimo sconosciuto che ha sempre disdegnato e non può nemmeno con l’immaginazione pensare di potervi tornare! Addio, Camera, dove, sedendo con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore delle grida di Di Pietro il rumore d’un plauso aspettato con un misterioso timore. Addio, Senato, sogguardato tante volte alla sfuggita e col batticuore, nel quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo, da dove l’animo tornò tante volte sereno cantando le lodi del Capo, dov’era promesso e preparato un rito, dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’onore venir conquistato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è perduto; ma non turba mai la gioia dei suoi colleghi, se non per prepararne loro una più certa e più grande.

Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Monti, e poco diversi i pensieri degli altri ministri, mentre la barca italica affondava sempre di più.

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