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LA BATTAGLIA DI MAC L’ODIO

La battaglia di Mac l’odio

(Elezioni 2010)

 

S’ode a destra uno squillo di tromba,

a sinistra risponde uno strillo,

d’ambo i lati discorde rimbomba

la risposta al responso fatale.

Bruno Vespa, posato e sereno,

guida il coro dei due schieramenti:

fra pacifici, irosi e dementi

il dibattito in breve si accende. 

 

C’è la Bindi, che sempre tradisce

nel suo volto una smorfia di sdegno,

e tra pizzichi e morsi finisce

che misura e buon senso non ha.

Con stizzosa e pettegola spocchia

guida il coro sinistro all’assalto,

furibonda e malevola crocchia

contro Bondi, che in pace si sta.

 

C’è Gasparri, che arzillo e contento

spira un senso d’amore e bontà,

e Donadi, che snocciola al vento

un discorso che senso non ha.

Già sparita del tutto è la calma:

l’un dell’altro respinge il verdetto

e pretende per sé quella palma

che il nemico presume di aver.

 

Se la Destra reclama vittoria

la Sinistra, a sentirla, stravince.

Si ripete la solita storia:

l’evidenza non conta per lei.

“Sono nostre ben sette regioni!”,

grida Rosy, stizzita e furente.

“Una in più delle vostre! Buffoni,

non cantate vittoria, perciò!”

 

“Ma bisogna contare i votanti!”,

le risponde Gasparri, sornione.

“Nelle nostre regioni son tanti:

quanto a numero siamo di più.

Poi nel Lazio non c’era la lista,

e la Destra ha stravinto lo stesso.

Qui non valgono i punti di vista,

cocca mia, quel che conta è il totale”.

 

“E gli assenti? Dov’è che li metti?

A sinistra: non hanno votato,

ma son sempre con noi”. “Poveretti,

siete proprio alla frutta oramai!”.

Quanto Bondi è pacato e dimesso

tanto sembra la Bindi un’erinni.

Chiede Vespa: “In codesto consesso

l’aggredito, di grazia, chi è?”.

 

Mostra a Rosy Gasparri una carta:

“Tu vorresti negare ch’è bianca?

Se mai l’astio le idee non t’incarta,

dimmi un poco: il colore qual è?

 “Sì, d’accordo, ammettiamolo, è bianca,

ma non è bianca bianca del tutto,

non risalta, è sbiadita, le manca

quella forza che Silvio non ha”.

 

“Suvvia, Rosy, rimangiati l’odio

che nutristi sin ora nel seno.

Prima o poi scenderai da quel podio

che una fama sinistra ti dà.

“Ma la Destra è legata alla Lega,

e la Lega stravince!”. “E con ciò?

Bossi Silvio per me non lo frega,

non tradisce l’amico, lui, no.

 

Così sempre voi tristi spargete

la zizzania fra i vostri nemici,

altro mezzo, perdìo non l’avete:

siete fatti purtroppo così.

“Coccodè, coccodè!, fa la Rosy,

chioccia chioccia: s’è persa la voce.

Sarà bene che un po’ si riposi:

che disgrazia se lei se ne va!

  

Nello show s’intromette Di Pietro:

“Non c’è nulla da dire, è la Destra

che trionfa. Ma io non arretro.

Questo è quello che conta, per me”.

 “Ma che dici?”, s’infiamma e ribolle

la terribile dea del PD.

“Anche tu dài la mano a quel folle

che ha ridotto l’Italia così?”

 

Bruno Vespa, impettito, punzecchia

questo e quello con abile mossa.

Il suo volto palese rispecchia

ciò che pensa di quella tenzone.

Non si scopre ma, furbo, nasconde

nella mano la carta vincente

come quello che sposta e confonde

le tre carte del gioco. Poi fa:

 

“Che sfracello, mio Dio, che rovina!

Siete tutti fratelli, comune

v’è il linguaggio, ma sempre l’inquina

un livore implacabile, ahimè!

Su, tornate alle vostre dimore,

meditate sui vostri litigi,

preparate un domani migliore

al Paese che pace non ha”.

 

 30 marzo 2010

A Massimo Donadi

 

Onorevole Massimo Donadi,

che svillaneggi Bondi a Porta a porta,

perché l’onesta lingua mi degradi

in frasi che il buon gusto non comporta?

 

Non te ne accorgi quanto in basso cadi?

O gente presuntuosa e malaccorta,

in quale cieco vicolo t’instradi!

Sei tu che chiudi al dialogo la porta.

 

Ascolta bene, amico mio: se Bondi

ha la sua cuccia a Palazzo Grazioli,

tu dove vivi? In quali oscuri mondi?

 

E’ inutile che tanto tu ti sgoli:

noi siamo quattro gatti vagabondi,

ma tu nella latrina ti crogiòli.

 

 

 

 

 

 

 

 

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