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Monti kaputt

 

         Monti kaputt

 

Mai più. Siccome al termine

del suo rapace giro,

sazio di sangue pubblico,

si stette il Gran Vampiro,

così, stremata, esausta

l’Italia al bivio sta,

 

pensando ancora all’ultima

stangata di Natale,

né sa se un altro simile

governo elettorale

l’orme di quello tecnico

a ricalcar verrà.

 

Lui, governante insolito,

vide il popolo e tacque.

Quando, con vece impropria,

fece quel che gli piacque

alle voci benevole

la sua non mescolò.

 

Scevro di falsi applausi

e di servile omaggio,

s’indigna ora all’annuncio

di un suo secondo ingaggio

e gli sciorina un cantico

che uguale non avrà.

 

Dai tagli all’Imu ignobile,

dalla benzina al treno,

di quel figuro il gettito

faceva sempre il pieno.

Tassò da Scilla al Brennero

senza alcuna pietà.

 

Fu vera boria? Ai postumi

l’ardua sentenza, a cui

non sfuggirà quel massimo

fautor che volle in lui

del suo potere incauto

sì guasta orma stampar.

 

La dispettosa e perfida

foia di un caporale

che spreme e tassa il popolo,

pensando al Quirinale,

per guadagnarsi un premio

ch’è una follia sperar,

 

tutto provò: la smania

maggior dopo il salasso,

la briga e l’oratoria,

il furto con lo scasso.

Più volte alla fiducia

per poco non cascò.

 

Si presentò. Due nuclei,

l’un contro l’altro armato,

congiunti a lui si volsero

come aspettando il fato:

Lui tacque e come un arbitro

si pose in mezzo a lor.

 

E governò, vessandoci

e cavalcando l’onda

di una crisi opinabile

con mossa invereconda,

risparmiando i notabili

e quelli che han di più.

 

Poi, come sul fedifrago

l’onta si avvolge e pesa,

l’onta che quell’improvvido,

parlando in sua difesa,

invano discolpandosi,

cerca di allontanar,

 

tal sul Vampiro il cumulo

dei suoi misfatti scese

e ogni volta che in pubblico

a mostrarsi intraprese

lo si vide sul monitor

giostrarsi ed annaspar.

 

Oh quante volte al pallido

morir di un giorno incerto,

da una fiducia stitica

ormai non più coperto,

stette aspettando trepido

il verdetto fatal!

 

E ripensò le nobili

aule della Bocconi,

il coro dei discepoli,

le sue dotte lezioni,

il meritato gaudio

del grande professor.

Di fronte a tanto strazio

il cuor si esaurì,

e disperò; ma provvido

arrivò l’Udc

e lui nella politica

bieco e sinistro entrò.

 

E s’avviò per l’equivoca

campagna elettorale,

con un consenso esiguo,

talché sarà fatale

ch’egli perda la premiership

e non risorga più.

 

Brutta, immorale, ignobile

fine di un imprudente:

volle della Repubblica

essere il presidente,

ma nessun onorevole

ora lo voterà.

 

4 gennaio 2013

 

 

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